venerdì 24 febbraio 2012

Una lettera ed una risposta

E-mail inviataci da Elena (click sul titolo per visualizzare la fonte)

Vi contatto per una difficoltà nella fede. Sono sempre stata credente e, negli ultimi anni, ho avuto esperienze di consacrazione. 
Nel percorso di discernimento, mi sono accorta di essere lesbica;

a dire il vero, lo sono sempre stata, ma l'ho realizzato solo a 22/23 anni. Ho interrotto il cammino e non ho più pensato di entrare in monastero.
Ho capito di aver utilizzato la pratica religiosa per non essere sincera con me stessa e di essere animata - nel mio agire - più dalla paura che dall' Amore per Dio.

Ora sono più serena: ho una compagna e condivido con lei l'affettività, la sessualità e la preghiera. La mia difficoltà è con Dio: ho ancora paura e mi sento in colpa. Vorrei rasserenarmi nei suoi confronti.


C'è qualcuno che vive/ha vissuto la stessa esperienza? Grazie


Elena


risponde Laura del Gruppo Bethel di Genova

Cara Elena, la mia storia si discosta di poco dalla tua in quanto, anche se non ho mai pensato ad una via di consacrazione, ho cercato per un periodo di mettere a posto la mia coscienza attraverso la castità.

Nello stesso periodo ho creduto di poter “guarire” attraverso la terapia psicanalitica. Tutto ciò durò molti anni.

Nonostante fossi totalmente consapevole, dall’età di tredici anni, di essere una femmina che si innamorava di femmine, provai tutte le strade possibili per cercare di “guarire” anche perché, negli anni ’70, l’omosessualità era ancora considerata, purtroppo, una malattia.

Non esistevano praticamente libri che parlassero dell’argomento, se non in senso negativo ( Freud a parte).
Così, non appena cominciai a lavorare, iniziai un percorso analitico, su cui riponevo le mie speranze ed aspettative di cambiamento.

Nello stesso tempo riuscivo a sopire i sensi di colpa legati alla Chiesa e a conciliare in quel modo la mia spiritualità con il mio essere.

Inutile dirti che il mio percorso analitico fu per me molto proficuo. Lavorai molto su me stessa e sul mio inconscio ed il risultato fu che acquisii ancor di più la consapevolezza di essere lesbica.

Compresi, cioè, sulla mia pelle che non potevo “guarire”, perché  non c’era nulla da cui guarire. Non ti nascondo che, nel momento in cui presi consapevolezza di ciò, attraversai  momenti di angoscia molto forte. Ero ormai  costretta a guardarmi totalmente per ciò che ero veramente.

In una notte di disperazione fortissima ed al limite della sopportazione, in cui faticavo con tutta me stessa ad accettarmi,  presi un immagine di Gesù fra le mani e piangendo lo pregai di starmi vicino e di non abbandonarmi.

Sentii a quel punto nel mio cuore la sua presenza, il suo calore ed il suo amore infinito. Capii che Lui non mi aveva mai abbandonata né tanto meno giudicata ma amata così come ero.

Fu un amore risanante e rassicurante. Compresi che a giudicarmi ero solo io e alcuni esseri umani, anche loro preda degli stereotipi e dell’ignoranza. Da allora Gesù è sempre presente nel mio cuore ed è la mia forza.

Non solo l’omosessualità non è una malattia, ma non è neppure un peccato, così come qualcuno ancora vorrebbe farci credere.

Qualcuno ancora non ci vuole libere e liberi. Libere di servire il nostro prossimo anche in maniera laica e non per questo con meno vocazione ed amore.

Qualche tempo fa Qualcuno lassù a voluto farmi un grande regalo. Ha messo sul mio cammino un prete meraviglioso con cui ho potuto condividere il mio vissuto religioso e spirituale.

Abbiamo lottato insieme per formare un gruppo di persone lesbiche, gay, bisex e trans (GLBT) credenti, per accogliere ed accompagnare nel loro percorso chi ha ancora difficoltà a credere che Dio è amore e non un padre persecutorio che ci giudica.

Un Dio che non vuole che le donne e gli uomini stiano male, ma che vuole il loro bene e la loro libertà attraverso la verità.

Il nostro Don Piero ha lasciato questa terra a fine 2011, ma ci ha donato  tutta la sua comprensione ed il suo amore, la sua testimonianza di fede e la forza di continuare ad andare avanti nel nostro percorso di fede e di accoglienza.

Oggi continuo questo percorso e ho la fortuna di poterlo condividere con la mia amata Lidia, con amore e con serenità.

Spero che la mia testimonianza possa esserti utile e possa portarti un abbraccio che ti faccia sentire parte dell’ecclesia di cui ognuna e ognuno di noi continua a far parte, anche se vogliono farci credere diversamente.

Noi persone omoaffettive  siamo figlie di Dio. Un Dio che è amore e che è nel cuore di tutte e di tutti noi. Un abbraccio di cuore.


Laura