Sabato otto dicembre 2012, presso la chiesa del Sacro Cuore al Belvedere di Vercelli, si è svolta la commemorazione di don Piero Borelli, il sacerdote salesiano che nel capoluogo del Piemonte orientale era tornato dopo diversi anni di assenza. Lì trovò la morte per arresto cardiaco, il 31 dicembre del 2011, poco prima di tenere i rituali cattolici previsti per l'ultimo giorno dell'anno.
Subito dopo la messa, officiata dal suo successore, don Stefano, il Coro Barbarossa ha donato alle tante persone presenti, convenute da diverse parti del centro-nord, una serie di canti tra il sacro ed il profano la cui esecuzione è stata inframmezzata da alcune testimonianze di persone che hanno conosciuto il presule fossanese e ne hanno apprezzato la profonda umanità e la dedizione alle minoranze oppresse, senza distinzione alcuna. Quella che segue è la testimonianza che Laura Ridolfi e Lidia Borghi hanno letto a nome del Gruppo Bethel di persone LGBT credenti liguri.
Testimoniare
la gioia
Nel
2011 ebbi l'onore di fare a don Piero un'intervista, al termine della
quale il nostro padre spirituale appose una frase che non
dimenticherò mai: “il coraggio della verità vince”. Quale
miglior viatico – pensai – per una compagine di persone
omosessuali cristiane che lottano per veder riconosciute le
rispettive identità personali di lesbiche e di gay credenti? Così,
quando don Piero morì, quasi un anno fa, coloro che frequentavano
Bethel si trovarono di fronte ad un bivio: sciogliere il gruppo
oppure continuare nel nome suo. E scelsero di andare avanti, forti
del messaggio evangelico racchiuso in una frase di Matteo (18, 20)
che recita: “Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in
mezzo a loro”; queste poche parole rappresentano per noi di Bethel,
oggi che don Piero non c'è più, la motivazione che ci spinge a
continuare a lavorare per portare avanti la sua opera di accoglienza.
Soprattutto noi di Bethel intendiamo così seguitare a testimoniare
la gioia.
Avere
accanto don Piero ci dava gioia; l'averlo conosciuto è stata una
fonte di gioia. Le sue parole, mai giudicanti e sempre accoglienti,
ci davano gioia; le sue correzioni, amorevoli e colme di pazienza, mi
davano gioia. Alcune persone del Gruppo Bethel di omosessuali liguri
sono qui oggi per testimoniare la loro gioia. Don Piero era il nostro
padre spirituale: con cuore, mente ed anima aperte all'incontro di
chi è altra, altro da noi, le sue azioni erano assolutorie, malgrado
i giudizi negativi espressi da più parti. Soprattutto don Piero è
stato e sempre sarà per noi un amico che ci ha lasciato proprio nel
momento in cui stavamo costruendo un ponte verso quell'Eternità che
è presso Dio, che è
Dio. Come viatico per aiutare anche noi a muoverci con le nostre
gambe, senza smarrimento o paura, il nostro presbitero dagli occhi
buoni ci ha lasciato la pazienza, l'assenza di giudizio, la volontà
di portare avanti il suo messaggio d'amore e di accoglienza e
l'apertura mentale necessaria per non farci intimorire da chi
vorrebbe strumentalizzarci. Più forti e mature, maturi di prima,
continueremo a portare avanti il suo messaggio. Pochi mesi prima di
morire mi donò una delle sue frasi dal significato profondo: il
coraggio della verità vince;
il Gruppo Bethel ha fatto sua questa massima che contiene, per noi,
un grande insegnamento di vita: vivete le vostre esistenze con
autenticità e la vergogna non potrà nuocervi, anche di fronte al
pregiudizio di persone sciocche e superficiali. La vita di don Piero
è stata un grande messaggio, una testimonianza di gioia oltre le
difficoltà dell'esistenza umana. Perché, come lui soleva dire: “La
vita è
fondamentalmente bella”. Grazie don, ovunque tu sia.